Vademecum per chiusure prolungate (e non necessariamente programmate): cosa consigliano gli istituti di conservazione ai musei piccoli e grandi nel mondo

Come promesso nell’ultimo post, ecco un piccolo riassunto di quanto raccomandato dagli esperti di gestione delle collezioni dei maggiori istituti di conservazione del mondo, per affrontare al meglio questo periodo inaspettato e prolungato di chiusura dei musei e luoghi della cultura.

 

Diversi gli obiettivi di queste raccomandazioni/consigli :

  • evitare brutte sorprese durante la chiusura (prevenire i rischi)
  • essere il più possibile reattivi in caso di problema durante la chiusura (limitare i danni in caso di incidente o imprevisto che non si è riusciti a evitare)
  • monitorare lo stato e le condizioni di conservazione delle collezioni, e assicurarsi che siano in forma e pronte per ritrovare il pubblico alla riapertura.

Per chi fosse davvero interessato all’argomento e abbia bisogno reale di una guida, vi prego di consultare i documenti citati in bibliografia alla fine dell’articolo, la mia è una sintesi NON esaustiva!

Prevenzione dei rischi: check-list delle cose più importanti da verificare prima di chiudere il museo

I responsabili delle collezioni devono poter accedere almeno una volta a settimana alle sale d’esposizione e ai depositi per verificarne lo stato. Pensate a farvi firmare un’autorizzazione speciale se necessario, perché questo spostamento vi sia garantito. Se non lo avete già, procuratevi un badge in modo da facilitare la vostra identificazione al momento dell’accesso.

  • Anche se siete gli unici responsabili “legali” delle collezioni, non siete supereroi: contattate il personale di supporto che meglio conosce le collezioni e i luoghi, accertatevi della sua disponibilità in caso di bisogno e istituite una lista telefonica in funzione.
  • Sebbene alla maggior parte dello staff sarà imposto di lavorare da casa, una parte -anche se ridotta- delle squadre tecniche continuerà a lavorare sul posto (responsabili della sicurezza anti-incendio, responsabili del sistema di climatizzazione, responsabili della vigilanza). Chi ha la responsabilità delle collezioni deve assolutamente prendere contatto con l’équipe che resta in situ, istituire un numero di emergenza (se non esiste già) e identificare, magari con un’ispezione veloce, i punti “fragili” dell’edificio (quella tubatura che ha avuto più di una volta un problema in passato, quell’infisso che non si chiude mai come si deve, quel sensore del sistema d’allarme che non funziona ecc.). Queste zone saranno da monitorare con più frequenza da chi resta sul posto. Se siete a conoscenza di disfunzioni croniche o già in atto al momento della chiusura, elencatele con chiarezza in un documento da inviare alla direzione o ai vostri superiori: se possibile, approfittate del momento di chiusura per porre rimedio (magari si tratta di una piccola riparazione), in caso contrario, segnalatele allo staff che rimane sul posto, perché abbia un occhio di riguardo per queste criticità.
  • Prima di chiudere, verificate scrupolosamente il funzionamento del sistema anti-incendio (dai sensori, agli estintori ecc.) possibilmente insieme al rappresentante dei pompieri, vostro consueto interlocutore per le questioni relative alla prevenzione. Se non avete già un piano di emergenza, fate presente al pompiere in questione che in caso di incendio è il vostro numero quello da chiamare: dovrete essere pronti a indicare le opere da salvare o quelle da proteggere con tessuto ignifugo se troppo pesanti per essere spostate. Attenzione: il piano di evacuazione delle opere in caso di emergenza non si improvvisa. Se però non ne disponete, preparate da subito una lista (e possibilmente una piantina con la localizzazione chiaramente indicata) delle opere ritenute fondamentali per la storia del museo, sarà quella che vi chiederà la squadra dei pompieri in caso di incendio o catastrofe.
  • Nei depositi (ma molte di queste misure valgono anche per le sale): assicuratevi che non ci siano condizioni critiche (umidità troppo elevata) e proteggete le opere vicine ai punti fragili di cui sopra (tubature, infissi, porte esterne), in modo da costruire una prima barriera. In caso di condizioni critiche croniche di umidità elevata (che magari in tempi normali cercavate di limitare aprendo le finestre o areando i locali in assenza di precipitazioni), assicuratevi che ci sia una buona ventilazione (un deumidificatore o anche un semplice ventilatore potrebbero bastare, ma in quel caso dovrete chiedere -per non dire “imporre”- al personale di ronda di verificare più volte al giorno che questi strumenti funzionino senza intoppi). Nel caso in cui neanche queste misure siano applicabili, verificate la possibilità di spostare le collezioni più sensibili in ambienti meno a rischio (i vostri uffici per esempio). Nel caso in cui questi ambienti non siano però dotati di allarme, cercate di verificare se il rischio di furto non sia in effetti peggiore e più concreto del rischio legato all’umidità del deposito: in caso di risposta affermativa, lasciate le opere laddove sono, e andate a verificare lo stato di conservazione di persona ogni volta che potete.
  • In generale un sistema di monitoraggio climatico in tempo reale e a distanza è la soluzione ideale, sempre. Trattandosi di sistemi molto costosi, difficilmente potranno essere acquistati, testati e verificati in questo momento di emergenza. Se avete dei piccoli data-logger, posizionateli nelle zone più a rischio, e se li avete già posizionati assicuratevi di includere la loro osservazione e il rilevamento dei dati nella vostra ronda settimanale (trovando anche il tempo per analizzare i dati raccolti).
  • Spostate le collezioni esposte in vetrina e particolarmente preziose (oreficeria per esempio) in una cassaforte o assicuratevi che il sensore di allarme anti-furto funzioni perfettamente per quelle vetrine.
  • Se ne avete il tempo, procedete a una ispezione delle collezioni organiche, per verificare che al momento della chiusura non ci siano oggetti già infestati: in caso affermativo, spostate gli oggetti in un luogo di quarantena provvisoria, ben isolato dal resto delle collezioni (idealmente, avviate la procedura per il trattamento, laddove possibile). Resta sottinteso che il monitoraggio degli agenti infestanti non deve fermarsi durante la chiusura, anzi: proprio delle condizioni di maggiore tranquillità e oscurità (pensate a chiudere gli scuri delle finestre!) possono favorire lo sviluppo di un’infestazione/attacco biologico.
  • Laddove possibile, mantenete un piccolo stock di dispositivi di protezione (guanti e maschere) a portata di mano nei vostri uffici: in caso di urgenza, li avrete già sul posto e non dovrete pensare a procurarveli in urgenza (non trovandoli, probabilmente).

Houston, abbiamo un problema. Abbiamo un piano di emergenza?

La questione dei piani di emergenza è estremamente ampia e complessa, non possiamo quindi che affrontarla superficialmente in questa sezione ‘speciale Covid19’. Tuttavia, proprio in un momento in cui il personale dei musei operante in situ è probabilmente ridotto (se non azzerato), avere un piano di emergenza funzionante (e magari già testato in passato) può essere molto utile, anche se in versione ridotta, date le circostanze.

Il piano di emergenza è quel documento/strumento che serve a preparare al meglio la reattività dello staff in caso di incidente, evento avverso o catastrofico.

Per evento avverso intendiamo certamente fenomeni di tipo naturale del tutto incontrollabili da noi esseri umani (uragani, tempeste, terremoti, inondazioni) ma anche incidenti assai più banali ma le cui conseguenze possono essere altrettanto devastanti (un corto-circuito che degenera in incendio, la rottura di una tubatura in prossimità della collezioni, una disfunzione del sistema di climatizzazione con conseguente innalzamento repentino di temperatura o umidità, sviluppo di microorganismi dovuto ad ambiente rimasto umido/chiuso/non areato per un tempo prolungato).

Ora, appare evidente che in caso di terremoto (tipico esempio di evento catastrofico abbastanza imprevedibile e dagli effetti molto gravi) le misure contenute nel piano di emergenza si limitano a quelle da prendere dopo che l’evento si è purtroppo verificato (escludendo misure preventive di tipo “perenne” e quindi non afferenti al piano di emergenza che riguardano più che altro la museografia, come i dispositivi di esposizione antisismici, ad esempio, che limitano la caduta degli oggetti, o alla concezione dei depositi, come le barriere che impediscono agli oggetti di cadere dagli scaffali).

Per quanto riguarda incendi e inondazioni però, il margine d’azione può essere un po’ più ampio, in quanto è buona prassi preparare e tenere aggiornato un piano di prevenzione specifico per l’istituzione in cui si lavora. Attenzione, il piano di prevenzione non coincide con il piano di emergenza. Il primo serve appunto a definire tutte le misure che hanno l’obiettivo di prevenire l’evento catastrofico, il secondo invece prepara lo staff a reagire nel caso in cui l’evento catastrofico -malgrado tutto- avviene. Entrambi non possono essere improvvisati, ma vanno preparati attentamente in stretta collaborazione con la squadra di pompieri/forze dell’ordine più vicina e possibilmente dedicata (soprattutto se parliamo di prevenzione incendi): è bene ricordare infatti quanto già detto più volte, ovvero che soltanto dopo l’intervento di vigili del fuoco/forze dell’ordine e messa in sicurezza totale delle condizioni di accesso sarà possibile intervenire per salvare le collezioni (e spessissimo, questo compito è affidato esclusivamente ai pompieri, non allo staff del museo!). Entrambi i documenti citati non possono essere elaborati in solitaria: sono il frutto della collaborazione tra differenti servizi interni ed esterni al museo. Attenzione però, anche laddove il servizio di sicurezza è affidato a una ditta esterna, il piano di prevenzione e quello di emergenza devono per forza coinvolgere lo staff interno che conosce i luoghi e le criticità meglio di chiunque altro.

Diciamo quindi che se il piano di prevenzione è efficace, ci sono buone probabilità che l’evento avverso non si verifichi, e che il piano di emergenza non serva.

Controlli periodici, il più possibile frequenti, e ronde giornaliere sono le basi di un buon piano di prevenzione: sale deserte, locali tecnici (magari con presenza di cavi elettrici all’interno) di cui si sono perse le chiavi, depositi chiusi e mai frequentati dal personale sono luoghi ad altissimo rischio. Una misura apparentemente banale come una ronda al giorno (meglio se due) fatta da personale che ha ricevuto una adeguata formazione, può davvero cambiare le sorti di una intera collezione. Una semplice lista di elementi/luoghi/angoli da controllare (con pochi punti) può costituire uno strumento tanto semplice quanto efficace per rendere il giro di controllo facile e veloce. Laddove non ci sono strumenti ad alta tecnologia (telecamere, allarmi, sensori) l’occhio umano ha ancora il suo ruolo, importantissimo. E oserei dire che anche laddove le telecamere funzionano, una ronda quotidiana è comunque consigliabile.

Una parte importante del piano di emergenza dovrebbe essere dedicata ai materiali da tenere sul posto e utilizzare solo in caso di emergenza (tessuti ignifughi, casse in plastica resistente per l’evacuazione in urgenza di oggetti di piccole dimensioni/libri/documenti, dispositivi di protezione, torce, carrelli ecc.). Se non disponete di questi materiali al momento della chiusura, potrebbe essere un buon momento per acquistarli oppure, in caso di emergenza, fate presente alle squadre che intervengono che dovranno procurarseli autonomamente, perché il museo non ne dispone.

La formazione del personale è un altro punto centrale del piano di emergenza: soprattutto quando bisogna intervenire tempestivamente, tutti devono sapere esattamente cosa fare e come, e un coordinatore delle operazioni deve essere ben identificato a monte, al fine di non creare panico e confusione. Certamente durante l’emergenza Covid19, il numero di persone formate interne al museo potrebbe diminuire drasticamente, sarà dunque bene assicurarsi di quanti sarebbero eventualmente disponibili ad accorrere in caso di emergenza/incidente (e i numeri di telefono ben indicati sul piano di emergenza “in versione ridotta”).

Un discorso a parte (e molto approfondito) meriterebbe anche l’argomento sicurezza dal punto di vista dei furti. Recenti fatti di cronaca ci dimostrano come anche in questo momento, i ladri di opere d’arte non vadano in quarantena e anzi approfittino del momento di emergenza (in cui le forze dell’ordine sono impegnate in tutt’altro) per svaligiare i musei meno preparati e sicuri. Come per gli incendi e le inondazioni, l’ideale è scoraggiare ed evitare il rischio o, se davvero un tentativo di furto viene messo in atto, ritardarne il più possibile l’azione, in modo da dare il tempo agli allarmi di suonare a alle forze dell’ordine di intervenire. Oltre ai sistemi di telesorveglianza, spesso collegati a squadre di sorveglianza private, sistemi complessi di ancoraggio delle opere ai muri o piedistalli, possono ritardare in modo determinante l’azione del ladro, costringendolo a rinunciare.

Resta sottinteso che, se attualmente il vostro museo non dispone di un piano di prevenzione e di emergenza, questo periodo potrebbe essere davvero propizio per occuparsene!

Trovate di seguito una piccola bibliografia delle fonti usate per questo articolo, mi piace sottolineare che la sezione ICOM – Italia si è a lungo occupata della questione dei piani di emergenza (sotto la direzione di Tiziana Maffei, prima coordinatrice del gruppo di lavoro specifico all’argomento, poi Presidente ICOM, oggi direttrice della Reggia di Caserta).

È importante sottolineare il lavoro di ICOM Italia perché, sebbene i documenti elaborati dalle istituzioni canadesi, inglesi e francesi siano assolutamente validi sui principi di base, è certo molto importante consultare i documenti elaborati in Italia per ritrovare (anche dal punto di vista puramente amministrativo e legale) le direttive da mettere in pratica (e come) nel proprio paese. Per una consultazione veloce in merito, trovate delle importanti indicazioni nel DM del 2001 sugli Standard Museali, ancora oggi uno dei (rari) punti di riferimento in materia di misure preventive nei musei in Italia.

Buona lettura, ci ritroviamo a breve per gli aggiornamenti sulle misure preventive che saranno probabilmente necessarie nel post-Covid19 (che speriamo arrivi presto).

Stay tuned, stay safe!

Link utili (se ne avete altri da consigliare, scrivetemi!)

Ricchissimo e in continuo aggiornamento, l’HUB dell’ICCROM sull’emergenza COVID19 et Cultural Heritage.

Dall'Italia

Dal Regno Unito

  • Tabella che abbiamo già citato nel post della settimana scorsa, ma vale la pena segnalarla nuovamente, a cura di Claire Fry
  • Una pagina pienissima di ottimi spunti sulla Gestione del rischio

Dalla Francia

  • Rischio inondazioni, curato dalla Biblioteca Nazionale di Francia
  • La prevenzione del rischio di inondazioni nei Musei in Francia, tesi di laurea di J.B. Clais (2004), scaricabile da Academia, la trovate qui
  • Consigli del Bouclier Bleu, associazione presente in molti paesi che si occupa specificamente di rischi catastrofici e che raccoglie le adesioni dei volontari disponibili a dare una mano in caso di catastrofe su beni culturali

Piccola precisazione: quando parliamo di inondazioni, non pensiamo per forza a esondazioni di fiumi, tsunami o tempeste perfette. Una semplice tubatura ben nascosta che cede durante la notte in un silenzioso deposito genera un evento a tutti gli effetti catastrofico che, in determinate condizioni, può determinare un danno irreversibile per parte della collezione.

Dagli Stati Uniti

  • Sempre utile, il sito del Getty Conservation Institute ha anche una sezione sulla gestione delle emergenze
  • Documento del National Parks Service dedicato alla gestione delle emergenze, punto di riferimento per le istituzioni culturali americane
  • Pagina del sito dell'Associazione delle Biblioteche americane, ricca di spunti e di bibliografia utile

Dal Canada

  • Un po’ datata la nota, ma principi sempre validi li trovate nella pagina dell'ICC, Istituto Canadese di Conservazione
  • Questo è un documento fondamentale, di Jean Tetrault, sul rischio incendio